Dal superamento del dualismo alla fisica dei quanti:
verso una nuova escatologia dell’esistenza.
INTRODUZIONE: scienza e filosofia sul tàlamo della conoscenza
«Il filosofo troverà, nella storia del pensiero scientifico, la spiegazione dell’ordine e del significato dei problemi della filosofia»[1]
Se è vero che tutti i grandi scienziati sono stati anche filosofi[2], tanto più legittimamente è dato affermare che tutti i grandi filosofi sono stati, sin dall’antichità, anche scienziati.
Assistiamo finalmente a un ritrovato, e rinnovato, connubio tra le due grandi polarità del sapere, scientifico e umanistico – forse anche mistico e spirituale – che si ripresenta oggi all’orizzonte del pensiero e della conoscenza. L’universo è frattalico e ripete se stesso: l’informazione viaggia a tutti i livelli di esistenza sicché questa si rivela come una risonanza morfica, la cui eco si propaga dal micro al macrocosmo.
Ma la “polarità” ci abita, non solo simbolicamente; riflette e rispecchia una parte fondamentale di tutti noi: ovvero il nostro essere doppi, che si legge nella morfologia del nostro corpo (due gambe, due braccia, due occhi, “due” nasi e persino “due” cuori[3]) o del nostro essere biologico (maschili e femminili), quanto del nostro pensiero e del nostro “spirito” (logici ed istintuali, analitici e sintetici, razionali ed emozionali, umani e divini). Polarità riassunte, fisicamente e simbolicamente, espresse e comprese, dalla stessa morfologia e fisiologia cerebrale. Almeno da quando, intorno agli anni 80 dello scorso secolo, il neurobiologo Roger Sperry mette in luce le diverse competenze e specializzazioni degli emisferi cerebrali. La biologia, maestra di vita, è – come sempre, e non potrebbe non essere – grande specchio dell’ontologia, e dell’ontogenesi, dell’uomo e dell’universo.
Eppure, oggi quanto mai, la polarità assurge a nuova sintesi, col sacrificio, inevitabile, di un antico paradigma, aperto ora su di un nuovo orizzonte: un orizzonte che, finalmente, si dilata e riverbera in dimensioni nuove e sempre più ampie. Ma in questo estendersi, qualcosa sembra flettersi, su di sé, e ritornare: il “nuovo” ripropina immagini note, specchio, eco – in realtà informazione, eterno codice – di qualcosa che da sempre esiste e che, ora, possiamo solo riconoscere. Non a caso, certo, qualcuno disse appunto che “ogni vera conoscenza è solo una ri-conoscenza”.
Stiamo vivendo un momento storico davvero unico ed eccezionale. Momento di “crisi”, certamente. Poiché “crisi” è “passaggio” e κρίνω (gr. krìno) è riformulazione epistemologica: non solo del sapere ma di tutta una visione del mondo. Nel breve spazio di appena una generazione (prima della seconda guerra mondiale), incredibili scoperte nel campo della fisica, come della psicologia e di altre scienze, culminano in una epocale revisione, che inevitabilmente si ripercuote in un nuovo approccio anche filosofico.
La scienza reincontra l’antica gnosi: con la riscoperta dei classici, della dimensione mitica e spirituale, dello sciamanesimo e dell’esoterismo di tutte le antiche tradizioni. L’invisibile torna alla ribalta, evocato – ora – dallo stesso desiderio di conoscenza che ha guidato per anni la ricerca del chimico, del fisico, dell’astronomo, ma anche del mistico o dell’asceta, nel laboratorio della sua coscienza. Perché ogni ricerca è, in ultima analisi, sempre e solo una ricerca di sé.
In modo del tutto inatteso dunque, proprio nel momento in cui la “crisi” si rivela come crisi di senso e porta con sé il collasso di tutto un sistema, la dimensione interiore diviene il teatro in cui le nostre “due parti”, reincontrandosi (sottile eco dell’androgino platonico), si trovano ad operare: un “invisibile” che intesse di sé ogni luogo e ogni tempo della nostra coscienza.
Coniugando matematica e filosofia, la fisica moderna si fa tàlamo di un vero matrimonio sacro (lo ièros gàmos degli antichi greci) in cui sapere scientifico e sapere umanistico finalmente si riscoprono, l’un l’altro, l’uno nell’altro, e operano – insieme – per costruire un ponte tra le diverse parti dell’essere (non solo del nostro cervello). Obiettivo, l’attivazione di una profonda unità interiore – intima, la definirebbe l’astrofisico Eddington[4] – o di una “coscienza integrata”[5], per un mondo che sappia finalmente superare la frammentazione che lo lacera.
Se Dio, all’inizio, ha “separato” le acque (separate, non divise![6]) ora, sembrerebbe, le stia ricongiungendo… L’androgino ricompone, nella consapevolezza di sé, le sue parti artificialmente divise: Ermes e Afrodite si riconoscono (come nati da un’unica matrice) e ricompongono l’originaria dualità, “falsamente reale” come dice Rudolf Steiner[7], in quanto necessariamente creata. Ecco, questo è il momento straordinario che stiamo vivendo..
Ma cosa è successo, nel frattempo? Semplice: siamo entrati nel labirinto e ne stiamo ri-uscendo! La porta può esser la stessa, ma noi non siamo più quelli di prima. Abbiamo compiuto il cammino, che è un cammino iniziatico, come Vladimir Propp[8] giustamente insegna! Ed è anche un “cammino di ritorno”.
Lo stesso delle fiabe, quello della più grande delle fiabe: la vita umana.
Note:
[1] Federigo Enriques, “Il significato della storia del pensiero scientifico”, 1934, Barbieri 2004, p. 31
[2] come affermava Moritz Schlick, allievo di Max Planck, in “Forma e contenuto: una introduzione al pensare filosofico”, 1932, Boringhieri 1987, p. 146
[3] tutto è doppio nel corpo umano, persino il cuore, che ne rappresenta il centro: atrio e ventricolo destro “abbracciano” atrio e ventricolo sinistro; in essi scorre – simbolicamente – il sangue, nella sua “doppia” essenza di sangue arterioso e sangue venoso. Singolare luogo corporeo, in cui le contraddizioni, che ci nutrono come specie, scendono vis à vis, si incontrano e abbracciano, significando ciascuna la propria peculiarità.
[4] Fu uno dei più importanti astrofisici dell’inizio del XX secolo. Eddington chiama “intima” la forma di conoscenza che riconosce soggetto e oggetto come parte di un’unica realtà, fuori dal dualismo.
[5] E’ la definizione che dà il Professor Corrado Malanga, docente di chimica organica all’Università di Pisa ma in realtà grande studioso dei misteri del cosmo e della coscienza umana.
[6] crf Annick de Souzenelle, Il simbolismo del corpo umano, Servitium Editore, 2005, p. 18
[7] R. Steiner: il due non esiste, ma è “funzionale” al ritorno all’Uno. E’ il dià-bàllein, l’ostacolo provocatore che “divide” e crea problemi (pro-ballo) ai fini della nascita di una consapevolezza superiore. In un altro passo del testo sacro, è la “sublime saggezza del serpente” che tenta Eva nel Paradiso Terrestre.
[8] Lo Schema di Propp è il risultato dello studio sulle narrazioni fiabesche e di magia del linguista e antropologo russo Vladimir Propp. Egli studiò le origini storiche della fiaba nelle società tribali e nei riti di iniziazione e ne trasse una struttura che propose anche come modello di tutte le narrazioni.
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